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lunedì 23 febbraio 2015

DOMENICA 1 Marzo Escursione a Montevecchio, Guspini


DOMENICA 1 Marzo Escursione a Montevecchio, Guspini

Visita guidata nei boschi di Montevecchio tra le rovine delle antiche miniere.

In seguito alla chiusura delle attività produttive nel 1991 e al conseguente abbandono del territorio, la natura ha avuto il modo di prendersi la sua rivincita, sviluppandosi in modo spettacolare, fino a dare luogo ad un ecosistema unico. I ruderi dei villaggi e dei palazzi minerari abbandonati, delle gallerie dove ancora riecheggiano i passi dei minatori che lì lavorarono, sono oggi veri e propri monumenti di archeologia mineraria, che con il loro denso silenzio, si incastonano in una vegetazione che offre paesaggi fra i più affascinanti di tutto il bacino del Mediterraneo, attribuendogli un'atmosfera selvaggia. Queste aree sono diventate dei veri e propri monumenti e fanno parte oggi del Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna.
Durante queste escursioni non è raro imbattersi in qualche splendido esemplare di cervo sardo, che trova nei boschi dell’arburese-guspinese il suo habitat ideale, tanto da arrivare a costituire oggi una colonia di circa 4000 esemplari.

Contributo spese escursione: 10 euro
Durata percorso: circa 3 h
Lunghezza percorso: circa 8 km
Livello: medio/facile. Cammineremo per circa 3 ore; il dislivello è contenuto (meno di 100m). L'escursione è adatta anche a chi è meno allenato.

L'escursione è riservata ai soci.
Iscrivetevi all'escursione entro Sabato 28 Febbraio, scrivendo a info@insidesardinia.com, e, se non siete ancora tesserati a Inside Sardinia, indicandoci i vostri dati:
Nome e Cognome
Luogo e data di Nascita
Codice Fiscale
Indirizzo
Telefono
Email

Programma
ore 8:30 Partenza da Cagliari
ore 9:30 Appuntamento a Guspini
ore 10:00 Arrivo a Montevecchio. Inizio escursione e visita guidata al cantiere di Ponente.
ore 13:00 Pranzo e grigliata
ore 15:00 Pomeriggio alla scoperta di Montevecchio
ore 16:00 Opzionale. Visita al Birrificio di Montevecchio e possibilità di degustare le birre artigianali.
ore 17:00 Rientro a Cagliari

Consigli
-Indossare scarpe comode. Non dovrebbe mai mancare nello zaino: un capo che difenda dal freddo (i pile sono ottimi), una riserva d'acqua e, possibilmente, un impermeabile.
-Portate il pranzo al sacco. Noi metteremo a disposizione una griglia per chi volesse arrostire qualcosa.
CALENDARIO PROSSIME ESCURSIONI

15 MARZO
Escursione nel Sinis e visita al sito archeologico di Monti Prama e all'ipogeo di San Salvatore

29 MARZO
Escursione a Cala Goloritzè, Baunei

LUNEDI DI PASQUETTA 6 APRILE
Escursione archeologica nel Supramonte di Orgosolo
 










giovedì 19 febbraio 2015

Mario de Candia - tenore

Giovanni Matteo De Candia, con il nome d’arte di Mario, fu uno dei massimi tenori dell’Ottocento apprezzato anche nei teatri di Londra e Parigi. Nacque a Cagliari nel 1810 da una famiglia dell’aristocrazia del Regno di Sardegna. La famiglia non vedeva di buon occhio la sua scelta di far carriera nel mondo dello spettacolo, carriera considerata non consona ad un nobile il cui genitore fu aiutante di campo del re Carlo Felice e fu anche Governatore di Nizza. Fu per questo motivo che, al suo debutto il 30 novembre 1838 adotterà il nome d’arte di Mario.
All'età di sei anni la famiglia si trasferì da Cagliari per andare prima in Liguria e poi in Piemonte. Come un bravo cadetto della nobiltà che si rispetti entrò nel 1822 nell'accademia militare di Torino dove ebbe tra i suoi commilitoni il futuro ministro Camillo Cavour. Mentre era a servizio come luogotenente nel reggimento comandato da suo padre, contrasse debiti che il padre si rifiutò di pagare per lui. Questo spinse il giovane Matteo ad abbandonare la carriera militare e a fuggire in Francia. In Francia riuscì, grazie ad una voce naturale di grande bellezza, a farsi strada nel mondo dello spettacolo sino al debutto all’Opera di Parigi nel 1838. Nonostante l’immediato successo dovuto all'eccellenza del suo canto e ad un’elegante presenza scenica, Mario decise di non restare all’Opera. Nel 1839 debutta con successo a Londra all’ Her Majesty’s Theatre. Da lì si trasferì al Théatre Italien a Parigi. La calorosa accoglienza che Mario ricevette nelle opere italiane superò addirittura quella che aveva avuto nelle opere francesi e d acquisì in fretta una fama a livello europeo. La sua voce, seppur non perfetta come quella di Giovanni Battista Rubini e meno potente del più giovane rivale Enrico Tamberlik, si caratterizzava per una grazia e una morbidezza vellutata e accattivante che la rendeva unica. Cantò in numerosi teatri della Francia e del Regno Unito e cantò inoltre a Madrid e Barcellona, e più volte al teatro Imperiale di San Pietroburgo.
Nel 1852 acquistò Villa Salviati a Firenze e fece ritorno in Italia. Nelle sue sale riceveva le personalità più in voga della cultura e dell’aristocrazia europea. Nel 1854 fece una tournée negli stati Uniti con la soprano Giulia Grisi, con cui da qualche anno aveva un rapporto sentimentale benché la Grisi non avesse mai ottenuto il divorzio dal primo marito. De Candia e la Grisi ebbero sei figlie di cui tre morirono in tenera età. Una di esse, Cecilia, scrisse in seguito una biografia sul padre. Mario disse addio alle scene di Londra nel 1871, decisione venuta in seguito alla scomparsa della Grisi nel 1869 durante un viaggio verso la Russia. Mario tornò in Italia e si stabilì a Roma appena annessa al Regno d’Italia dove visse tra difficoltà finanziarie a causa dei guadagni ridotti. Morì a Roma nel 1883, ma venne sepolto nella sua città natale di Cagliari. 
Non esiste a Cagliari un vero e proprio palazzo dei De Candia. Nella prima infanzia, Matteo e la sua famiglia vissero in un'abitazione d'affitto, dov'era nato, nella via Dritta (oggi via Lamarmora), nel quartiere di Castello. Nel 1846 Mario acquistò per la madre, rimasta vedova, una casa in Contrada Santa Caterina, oggi via Canelles 5, inviandovi di tempo in tempo molti oggetti d'arte, sino a costituire una pregevole collezione, andata poi dispersa. Il fratello Carlo comprò invece un palazzo nei paraggi, all'inizio di via dei Genovesi. La facciata è disegnata in stile neoclassico forse dall'architetto Gaetano Cima, o forse dallo stesso Carlo De Candia. Al piano nobile insistono vaste sale con alcuni dipinti ed una terrazza con vista panoramica sul golfo di Cagliari.

lunedì 16 febbraio 2015

Il vino in epoca nuragica



Il vino in epoca nuragica

Il banchetto e il consumo del vino in antichità era un atto conviviale, un momento molto importante. La “ricetta omerica” descrive l’atto della mescita del vino con il miele dentro un cratere, cospargendovi sopra il formaggio di capra e la bianca farina (Iliade XI, 628 e ss.). I Fenici invece consumavano il vino “all’orientale”, mescolandovi erbe aromatiche.

Nei secoli VIII e VII a.C. vi fu una “internazionalizzazione” del consumo del vino in ambito mediterraneo secondo usi e rituali di autorappresentazione delle élites detentrici del potere economico e politico.
Le più antiche attestazioni del consumo del vino sono state rinvenute nei monti Zagros iraniani, nel sito neolitico di Hajji Firuz Tepe. Risalgono alla seconda metà del VI millennio a. C. e sono state evidenziate all’interno della cucina di una casa costruita in mattoni di fango. Un dolio interrato nel pavimento della cucina conservava ancora un deposito giallastro che ha rivelato contenere sali di calcio, acido tartarico ed una resina oleosa di terebinto (Pistacia terebinthus). L’acido tartarico è una delle componenti principali del vino e la resina di terebinto potrebbe essere stata utilizzata per dare un gusto resinoso alla bevanda (come nei vini greci) e soprattutto in funzione battericida, in quanto impedisce lo sviluppo dei batteri che trasformano il vino in aceto.


 
Vale qui la pena di ricordare che la tradizione storiografica, sia pure in forma mito, narra che Aristeo, compagno di viaggio di Dedalo, introdusse in Sardegna la coltivazione della vite,
dell’ulivo e l’allevamento delle api.
In Sardegna, mentre non abbiamo ancora testimonianze di coltivazione della vite per i periodi del Neolitico (VI-IV mill. a. C.) e Calcolitico (III mill. a. C.), sono oramai di una certa consistenza quelle relative al periodo nuragico. Le testimonianze più antiche della coltivazione della vite sono state trovate negli strati di base di uno dei due nuraghi di Duos Nuraghes di Borore e risalgono al XV-XIV sec. a.C. (Bronzo Medio tardo). I vinaccioli carbonizzati recuperati sono stati analizzati e determinati come appartenenti alla sottospecie selvatica ma ritenuti la testimonianza di una fase di avanzata domesticazione. Sono relativi ad un momento più recente (Bronzo Recente avanzato, XIII sec. a.C.) i vinaccioli non carbonizzati rinvenuti dentro uno dei pozzi dell’abitato nuragico di Sa Osa di Cabras.
Le indagini preliminari hanno consentito di identificare come appartenenti alla sottospecie coltivata di Vitis vinifera tutti gli esemplari analizzati che con tutta probabilità sono riferibili a diverse varietà di vitigni.

Oltre ai vinaccioli sono stati rinvenuti anche altri semi riferibili a fi chi, al melone, a semi di
lentisco, a frammenti di legno di fi co, a rari resti di faune terrestri e marine.
Non solo vinaccioli ma acini carbonizzati provengono dall’insediamento circostante il nuraghe Adoni di Villanovatulo, datato alle fasi iniziali del Bronzo Finale, intorno al XII secolo a.C.

Vinaccioli ancora più recenti, inquadrabili nella prima fase della prima età del ferro (IX sec. a.C.), sono stati recuperati in diversi ambienti del villaggio nuragico di Genna Maria di Villanovaforru. Nel villaggio di Genna Maria è stato scavato anche un particolare ambiente, il vano 12, con un settore separato sulla destra dell’ingresso, delimitato da lastre, circondato da un sedile, al centro del quale si trova un bacile in arenaria di grandi dimensioni posto al di sopra di un lastricato in pendenza verso una vasca in marna munita di versatoio e infossata sul pavimento.
L’atelier di Villanovaforru, simile ad altri ad esso vicini, potrebbe essere stato utilizzato per la pigiatura dell’uva e il succo ottenuto probabilmente veniva raccolto nella vasca. Un laboratorio simile è stato rinvenuto anche nel sito nuragico di Monte Zara di Monastir. Nonostante il repentino sviluppo delle ricerche sul tema della vite e del vino nella preistoria e protostoria della Sardegna, rimangono aperti una serie di problemi di non facile soluzione che saranno oggetto dello sviluppo delle indagini negli anni futuri, come per esempio quelli relativi alle origini della domesticazione. La morfometria dei vinaccioli fossili di età nuragica infatti lascia il sospetto che essa abbia avuto origine nelle culture prenuragiche.
I contenitori “da vino” si modificano e si evolvono in forme tipiche della cultura sarda: “brocche askoidi” e piccoli “askos”, di squisita fattura, in ceramica e in bronzo, caratterizzeranno il repertorio vascolare sardo fino alla prima Età del Ferro ed oltre.
L’ addomesticamento della vitis vinifera sylvestris ampiamente diffusa in Sardegna poté
avvenire, sul piano teorico, indipendentemente dall’ apporto di nuovi vitigni, ma non va
escluso che il rapporto dei Sardi con popolazioni egee e levantine, attestato da irrefutabili
documenti archeologici, sin dal Tardo Elladico III A (a partire dal 1400 a.C.), abbia comportato anche l’ arrivo nell’ isola di vitigni di area egeo-orientale.
 
Bibliografia
LA VITE E IL VINO
AL TEMPO DEI NURAGHI
Mauro Perra
Il vino in Sardegna nell’antichità
ZUCCA RAIMONDO

lunedì 2 febbraio 2015

PROSSIMA ESCURSIONE. DOMENICA 15 FEBBRAIO visita ai siti archeologici di Fonni e sfilata dei Mamuthones a Mamoiada


DOMENICA 15 FEBBRAIO
Visita guidata ai siti archeologici di Gremanu e Tombe di Giganti Madau Fonni, pranzo ad Orgosolo e pomeriggio a Mamoiada, per la sfilata dei Mamuthones.
Il complesso di Gremanu e le Tombe di Madau appartengono ad un unico grande insediamento, tra i più significativi della Sardegna nuragica, che si estende per oltre sette ettari su un declivio. 
È costituito a monte da una serie di fonti e pozzi per la raccolta e la captazione delle acque, uno dei pochi esempi di acquedotto nuragico che si conoscano, e a valle da un'area che comprende una serie di edifici adibiti al culto e delimitata da un recinto sacro. Poco lontano è situata una necropoli con quattro tombe di giganti. 
Programma
ore 8:30 Partenza da Cagliari
ore 11:00 Arrivo al sito archeologico di Gremanu e visita guidata dall'archeologa
ore 12:30 Visita alle tombe di Giganti di Madau, Fonni
ore 13:30 Pranzo presso l'Azienda Agricola Equitur, Orgosolo
ore 15:00 OPZIONALE. Per chi avesse voglia di partecipare attivamente alla sfilata di Mamoiada dopo pranzo ci recheremo nella sede delle amiche di Mèskes, che per l'occasione, organizzano una simpatica iniziativa: chiunque porti con se un vecchio costume che non indossa più, può pescare un bigliettino e ne avrà un altro da indossare! La bravissima make up artist Sabrina Cosseddu sarà a disposizione per un trucco personalizzato al costo di 6 euro.
ore 16:00 Sfilata dei Mamuthones e Issohadores
ore 18:00 Rientro a Cagliari

Contributo escursione: 10 euro per la visita guidata ai siti archeologici e 25 euro per il pranzo.
Importante: per esigenze organizzative vi preghiamo di confermare al più presto (soprattutto per il pranzo, che si svolgerà solo con un gruppo di minimo 10 persone) e comunque entro e non oltre Giovedì 12 Febbraio.










CALENDARIO PROSSIME ESCURSIONI

1 MARZO
Escursione e visita guidata a Montevecchio

15 MARZO
Escursione nel Sinis e visita al sito archeologico di Monti Prama e all'ipogeo di San Salvatore

29 MARZO
Escursione a Cala Goloritzè, Baunei

LUNEDI DI PASQUETTA 6 APRILE
Escursione archeologica nel Supramonte di Orgosolo