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giovedì 27 marzo 2014

"Is Zuddas" Caves

The beautiful caves “Is Zuddas are into the limestone of Meana Mountain, 235 meters above sea level, 6 km away from the town of Santadi, a sheep-farming and agricultural centre in the Sulcis, the deep south-west of Sardinia.  
These caves stretch for an overall length of around 1650 m., even if the tourist trail is limited to 500 m.  Along the trail the tourist visits a number of stately chambers, each of which is distinguished and differentiated for the particular characteristics of the concretions. 
Among the most beautiful chambers you’ll find, it is that known as the “ Organ Chamber”, the name of which is due to a stalactite-stalagmite column that looks like a pipe organ, at the base of which are coralloid aragonites, stalagmites, castings, stalactites and tubular formations, while the walls are covered in the white needle-shaped aragonites. After a short tunnel we enter the “Theatre Chamber”, imposing and very beautiful, and finishing in the “Room of the Eccentrics”, adorned by the incredibly rare eccentric aragonites, whose horizontal formations have not yet been explained by the researchers and this constitutes the most interesting peculiarity of the “Is Zuddas” caves; in fact, that aspect makes these caves unique in the world. Moreover, from some years in the “Organ Chamber”, an enchanting nativity set has been prepared during the Christmas period.

sabato 22 marzo 2014

Mussolinia - Arborea


Nel 1922 iniziarono i lavori di bonifica della piana di Arborea, un territorio di circa 18.000 ettari chiamato, fino ad allora, “Ala Birdis” (ali del diavolo). Questo territorio non era altro che una palude infestata da insetti. Il  19 ottobre 1928, alla presenza del Re Vittorio Emanuele III, di Costante Ciano (padre di Galeazzo) e delle più alte cariche dello Stato,  venne inaugurato il “Villaggio Mussolini” fulcro delle attività lavorative, articolato in  sette corti coloniche denominate S’Ungroni, Alabirdis, Pompongias, Torre vecchia, Linnas, Tanca Marchese e Luri.Finiti i lavori, il problema successivo fu quello di popolare questi luoghi, così il regime fascista pensò di “trasferirvi” i contadini e gli agricoltori provenienti quasi totalmente dal Nord d’Italia, da quelle parti d’Italia che più di altre patirono gli avvenimenti della Grande Guerra. Infatti  le regioni italiane maggiormente colpite come Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige si trovavano ad attraversare un momento economico molto difficile. Una delle soluzioni  fu di rendere “vivibili” zone del territorio italiano tenute da sempre in uno stato di completo abbandono (oltre alla Sardegna abbiamo anche l’esempio dell’Agro Pontino nel Lazio).
Grande artefice della bonifica di Arborea fu senza dubbio l’ingegnere Giulio Dolcetta, industriale vicentino, che attraverso accordi con le Amministrazioni locali individuò i territori da bonificare. A ricordo della figura dell’Ing. Dolcetta, è stato edificato, ad Arborea, un monumento in suo onore e l’Amministrazione Comunale organizza con l’Associazione Veneti nel Mondo, il Premio letterario “Giulio Dolcetta” per pubblicazioni edite. In Sardegna s’individuò dunque un territorio nelle vicinanze di Oristano, delimitato dagli stagni di “S’Ena Arrubia” a nord, “Sassu” ad est e di “San Giovanni” a sud. Le attività di bonifica trasformarono radicalmente la zona attraverso disboscamenti, colmate di paludi, spianature del terreno, costruzione di una rete di canali, strade di penetrazione agraria, centri agricoli e  case poderali da assegnare successivamente ai coloni. Vennero quindi trasferiti in Sardegna un gran numero di coloni veneti, nel 1930 rappresentavano ben il 67,8 % della popolazione residente. I primi abitanti della zona bonificata non raggiungevano le 1.000 unità, ma nel 1936 il Comune di Mussolinia di Sardegna contava già 3.800 persone. Oggi Arborea, nome assunto nel 1944, a seguito della disfatta fascista, conta circa 4000 abitanti e, oltre a essere noto come “giardino veneto in terra sarda”, ha il prestigioso primato  di figurare al 10° posto, in Italia, per reddito procapite secondo i dati ISTAT  del 2004.

lunedì 17 marzo 2014

La ricetta delle Seadas

ingredienti:
500 g di semola di grano duro
3 uova
3 cucchiai di strutto fresco
mezzo bicchiere d’acqua
sale (un pizzico)
1 kg di pecorino fresco
la buccia grattugiata di 2 arance

il succo di 1 limone


preparazione:
Impastare la farina di semola con le uova, sciogliete il sale nell’acqua e aggiungetelo all’impasto. Poco alla volta aggiungete lo strutto fino a ottenere un impasto morbido ed elastico, copritelo con un panno e fatelo riposare per circa 30 minuti. Grattugiate il formaggio e impastatelo con la scorza tritata di 2 arance e il succo di limone fino ad ottenere una crema densa. Quando sarà pronto il ripieno, stendete la pasta in sfoglie sottili e ritagliate dei dischi di circa 10 cm di diametro. Mettete su ogni disco di pasta due cucchiai d’impasto e richiudetelo con un altro disco di pasta premendo sui bordi  in modo da ottenere una specie di calzone. Ritagliate con una rotella tagliapasta dentellata la circonferenza dei dischi di pasta sovrapposti. A questo punto potete friggere i vostri dischi in abbondante olio di oliva bollente. Le seadas vanno servite calde cosparse di zucchero o miele secondo i vostri gusti. 

mercoledì 12 marzo 2014

Complesso nuragico "La Prisgiona" - Arzachena

Il complesso nuragico “La Prisgiona”, in località Capichera ad Arzachenasulla strada per Luogosanto, si erge su  una collina e domina un territorio di diversi chilometri quadri.
I dati cronologici indicano un arco di vita dell’insediamento compreso tra il XIV sec a.c. ed il IX sec. a.c.
La complessità e le caratteristiche di questa struttura dimostrano il ruolo fondamentale che ricopriva nell’ambito di un sistema sociale organizzato in questa parte della Gallura.
Si tratta di un nuraghe a “tholos” cioè con una copertura a falsa cupola, fatto raro in questa parte della Sardegna. La planimetria assai articolata presenta una cinta muraria curvilinea che protegge il nuraghe racchiudendo un ampio cortile con un pozzo profondo circa 8 m. All’interno di questa cinta muraria c’è una torre centrale (il mastio) e più torri laterali inglobate in un bastione. La camera centrale è coperta dalla falsa cupola e al suo interno è provvista di tre nicchie disposte a croce. La maestosità della torre centrale si nota anche dalle dimensioni dell’architrave di 3,20 m di lunghezza che sormonta l’ingresso.
Attorno al nuraghe vero e proprio si estende il villaggio con le sue strutture murarie circolari e che conta circa novanta capanne. La notevole estensione con caratteristiche varie di architettura, fa pensare che il villaggio sia cresciuto e mutato più volte nel corso della sua esistenza. Tra le varie capanne vi sono dei viottoli lastricati che s’intersecano a formare una rete viaria.
I resti delle capanne sono ben conservati negli alzati di forma circolare. Le capanne sono dotate di un piccolo ingresso protetto da un atrio un tempo sormontato da una lastra di pietra ad architrave. I materiali ritrovati in ciascuna capanna confermano lo svolgersi di attività specifiche che interessavano la vita del villaggio: la lavorazione del pane; la conservazione degli alimenti; la lavorazione dei cereali; il ricovero degli animali; la lavorazione delle ceramiche.

L’edificio di spicco attorno al nuraghe è “la capanna delle riunioni”, che ha un ruolo speciale all’interno di queste civiltà agro-pastorali per il compito decisionale che erano chiamati a svolgere i pochi partecipanti alle riunioni che vi si tenevano, infatti all’interno si contano 12 posti a sedere. La porzione maggiore di questo villaggio è ancora da scavare e risiede sotto la terra e la macchia mediterranea che copre la valle di Capichera.

martedì 11 marzo 2014

Il Retablo di Tuili

All'interno della parrocchiale di Tuili, dedicata a S. Pietro Apostolo, è possibile ammirare, fra diverse opere d’arte, un capolavoro del rinascimento sardo: il retablo del Maestro di Castelsardo.
 I retabli secondo l’etimologia del loro nome “retro tabula” che significa “dietro l’altare”, venivano posti dietro la mensa in cui si officiava il rito eucaristico.

Si tratta di una pala d’altare, divisa in scompartimenti dipinti di varie forme e grandezze; i soggetti rappresentati erano sacri e riguardavano la vita dei santi e episodi della vita di Gesù.
Questa opera fu voluta dai coniugi di Santa Cruz , Giovanni e sua moglie Violante, feudatari del paese di Tuili; questo atto è testimoniato dal contratto che i coniugi firmarono davanti al notaio Carnicer di Cagliari il 4 giugno del 1500, dove si impegnarono a costituire un vitalizio annuo in favore del nobile Nicolò Gessa per pagare il retablo che avevano fatto dipingere per la loro chiesa di San Pietro.

Questo atto è molto importante perché ci permette di datare l’opera e inoltre testimonia il fatto che l’opera non lasciò mai il suo luogo d’origine.
Il retablo che si trova nella prima cappella  a destra per chi entra dall'ingresso principale, è alto 5,50 metri e largo 3,50; dal 1893 è stata dichiarato “Monumento Nazionale” da parte della Sovrintendenza ai Monumenti.   

 Lo schema decorativo è quello tipico dei retabli, dove nello scompartimento centrale è raffigurata la Vergine, in questo caso seduta in trono, e nello scompartimento superiore la crocifissione mentre in quelli laterali sono rappresentati santi o episodi della loro vita così pure nella predella. Nel retablo di Tuili negli scompartimenti laterali sono dipinti: San Michele, San Giacomo Maggiore, San Pietro e San Paolo; nella predella episodi della vita di San Pietro e nei polvaroli undici figure di santi.
Il retablo in questione è opera del Maestro di Castelsardo, artista di cui non sono note le generalità. Si pensa non fosse sardo, si presume potesse essersi formato in una scuola barcellonese e poi trasferitosi in Sardegna dove lavorò, in particolar modo a Castelsardo, da ciò l’appellativo di Maestro di Castelsardo.

domenica 9 marzo 2014

Plages et Sable

La Sardaigne a à peu près 400 plages sur un total de 1850 km de côtes. Elles sont des véritables petits coins du paradis et il y en a de différents types. Parfois mondaines, mais plus souvent sauvages, les plages sardes se rejoignent de par leur beauté. 

Il y a les grandes plages de sable comme : Villasimius, Poetto, Torre Grande, Piscinas ; et des plus petites plages cernées entre rochers de granit comme dans la “La Costa Smeralda“, en Ogliatstra, ou à Caraloforte. Il y a encore des plages de rochers entre des falaises comme Cala Goloritzè. Toutes plages sculptées par le vent et la mer qui prennent des formes animales ou anthropomorphes . 

Elles sont lisses ou accidentées, sablonneuses ou recouvertes de cailloux, blanches, rosées ou dorées, il y en a pour tous les goûts. Les sables de nos plages sont d’une variété rare constituée des fragments de quartz, de coraux, de rochers volcaniques, de coquillages, ou de granit. Aussi les couleurs sont très différentes allant du blanc pur au gris sombre. Leurs grains recouvrent également une large palette allant du gravier au grain le plus fin. Sur le littoral de toute la Sardaigne la mer traditionnellement azur, laisse aussi place à des lieux aux eaux plus claire et cristalline qui tendent au vert.

giovedì 6 marzo 2014

Processione di Sant'Antonio

Processione Sant'Antonio di Santadi
The first Saturday after the 13th of June, the Sant’Antonio da Padova’s day, in Arbus it’s celebrated for over 4 centuries the “Sant’Antonio da Padova Feast”. It’s a common religious feast except for the long procession which starts from the San Sebastiano church in Arbus and ends, after 38 km of walking, in the village of Sant’Antonio di Santadi, in the extreme south of the Oristano’s Gulf. On Saturday, the day of departure of the procession a chariot, drawn by two oxen, arrives at the San Sebastiano church to pick up, after the Mass and the distribution of blessed bread, the statue of Sant’Antonio da Padova. 

Every year, many faithfuls follow the Sant’Antonio’s statue on foot or on the traditional festively decorated carts. Once, these carts, called “traccas”, were just ox carts, today they are common motor carts. Moreover, the solemn procession is followed by folk groups (traditionally dressed), horse riders, “launeddas” players and a musical band. 

After leaving the town of Arbus, the procession passes through the town of Guspini and then continues towards the village of Sant’Antonio di Santadi where it arrives around 11 pm. In the pine wood of “Gentilis” the convoy stops to have a rest and a packed lunch, but be sure it’s not a poor lunch because there’s meat and good wine for everybody. In the village of Sant’Antonio di Santadi, the celebrations continue on Sunday and Monday. On Tuesday, at the first light of dawn, after the Mass, the statue of Sant’Antonio is placed in the chariot to be brought back to Arbus. The feast ends in Arbus with the traditional fireworks wishing to celebrate the Saint again next year to come.

domenica 2 marzo 2014

Nostra Signora di Bonu Ighinu

Nostra signora di Bonu Ighinu
Lo stato di abbandono in cui da tempo versa il complesso di Bonu Ighinu ha ormai trasformato in ruderi parte delle "cumbessias" che ospitavano i pellegrini durante il cosiddetto novenario. Oggi però dopo un attento restauro vengono riutilizzate, come punto di ristoro, durante la festa in onore della Santa. (la leggenda narra che sia una delle 7 sorelle della Madonna di Bonaria)
La chiesa campestre potrebbe aver rivestito anche il ruolo di parrocchiale di un villaggio medioevale poi abbandonato. Dedicata all'Addolorata, deve le sue forme agli interventi di ristrutturazione e ampliamento datati 1797. 

Cumbessias
La facciata sembra ispirarsi alle complesse macchine d'altare lignee del XVII e XVIII secolo. Risulta partita da ordini di colonne sovrapposte, riccamente decorate, ed è divisa in tre fasce orizzontali da cornici aggettanti. La successione delle colonne è conclusa nell'ordine superiore da pilastrini dotati di piccole guglie penetranti nell'atmosfera, come grandi aste processionali. Il portale e la finestra della fascia mediana, entrambi centinati, sono circondati da una ricca decorazione nastriforme poco rilevata. Le colonne, i pilastri e le forti cornici orizzontali costituiscono di certo un motivo di più evidente e vitale consistenza plastica, ma l'insieme non perde il suo carattere cromatico-planare; e così l'intera facciata si offre come una grande e ben composta pagina grafica, luminosa per il chiaro materiale che la costituisce, vibrante per il leggero ed elegante intaglio che la impreziosisce. 
La cornice terminale scende, dal suo apice centrale con la croce, a piccole falde come l'orlo di un baldacchino, ripetendo a modo suo il motivo frastagliato della chiesa del Carmine di Bosa. Lo schema della chiesa bosana venne infatti ripreso, in combinazioni a sé stanti, e interpretato da maestranze educate diversamente, non solo qui a Mara ma anche nella chiesa della Madonna della Salute di Pozzomaggiore e in quella di Santa Maria di Usini per non citare che gli esempi più interessanti. 



La Sartiglia di Oristano

Oristano, antica città di origine medievale, per la sua storia e le straordinarie testimonianze architettoniche e artistiche del suo prezioso passato, rappresenta una delle realtà più importanti dell’immenso e variegato patrimonio culturale della Sardegna. Accogliendo gli abitanti dell’antica città di Tharros, in fuga dalle continue minacce saracene, il villaggio bizantino di Aristanis diviene intorno all’anno Mille il nuovo capoluogo del Giudicato d’Arborea. Tale importante istituzione risulterà la più longeva delle quattro realtà giudicali che caratterizzarono la Sardegna del medioevo. Infatti, la conquista catalano aragonese del Regno di Sardegna, iniziata nel 1323 e che porrà fine all’esperienza dei regni giudicali sardi, potrà annoverare Oristano e il suo antico regno nei territori conquistati, solo nel 1420.
In circa cinquecento anni di storia, dal X al XV secolo, il Giudicato d’Arborea ha espresso una cultura di altissimo livello. Preziosi documenti testimoniano la ricchezza e la raffinatezza di questa città medievale ancora oggi riflessa nei monumenti dell’architettura civile e religiosa. L’antica città, cinta di mura e di torri alla fine del Duecento ad opera del giudice Mariano II d’Arborea, i cui resti sono visibili nel cuore della città, per diversi decenni ha rappresentato il simbolo della lotta contro la conquista catalano aragonese dell’isola. Nella seconda metà del Trecento la capitale e il giudicato arborense, vivono momenti di massimo splendore politico e culturale. Sono i decenni in cui i sovrani Mariano IV e sua figlia Eleonora promulgano la Carta de Logu, il moderno codice di leggi che governa la giustizia nel regno d’Arborea. Lo stesso codice, all’indomani della definitiva conquista ad opera dei catalani aragonesi, sarà esteso a tutto il Regno di Sardegna e rappresenterà la legge nell’intera isola durante tutto il periodo della dominazione spagnola, e in parte di quella sabauda, sino al 1827, anno di promulgazione del Codice di Leggi civili e Criminali emanato da Carlo Felice.
Nei primi decenni del Quattrocento, con la conquista catalana, parte dei territori del Giudicato d’Arborea costituiranno il Marchesato di Oristano, titolo e territorio che nel 1478 passeranno direttamente sotto il controllo dello stesso re di Spagna. L’anno successivo Oristano è elevata al rango di Città Regia ricevendo i privilegi e i regolamenti concessi alle città catalane. Tra le prerogative di queste città vi era la possibilità di costituzione dei Gremi, associazioni di mestiere regolamentate secondo gli statuti delle consorelle corporazioni barcellonesi.
Alla città di Oristano di età spagnola si riferiscono i più antichi documenti della Sartiglia. Attualmente non sappiamo se anticamente la stessa autorità cittadina organizzasse l’evento della corsa alla stella in occasione di particolari festività, nè conosciamo in quale momento storico i gremi iniziarono a curarne l’organizzazione. La più antica tradizione, tramandata oralmente dagli oristanesi e in particolare dai partecipanti alla manifestazione, siano essi vecchi componenti dei gremi o anziani cavalieri, vuole che dall’origine la Sartiglia non abbia conosciuto interruzione e che ogni anno, con buone o cattive condizioni climatiche, sia in tempo di guerra che di pace, la Sartiglia si sia corsa e che su Componidori abbia guidato il cerimoniale della corsa. Da cinquecento anni la Sartiglia caratterizza la storia della città. Per questa sua lunghissima storia la corsa penetra nel profondo la cultura e la società della città di Oristano, con la magia di offrirsi in ogni edizione rinnovata e ricca del suo antico passato.

Fonte www.sartiglia.info

sabato 1 marzo 2014

Pasta agli asparagi

Ecco una ricetta particolarmente indicata nei mesi primaverili per assaporare il gusto deciso di questo ortaggio che cresce con facilità nelle campagne sarde.

ingredienti:
500 g di pasta corta
700/800 g di asparagi (possibilmente di campo)
1 cipolla piccola
1 bicchiere di vino bianco
250 cl di brodo vegetale

lavorazione:
Prima di tutto pulite gli asparagi. Tagliateli a pezzi, mettendo da una parte le punte, cioè la parte più molle, e iniziando a far cuocere i pezzetti più duri. Fatteli bollire per 10 minuti, poi aggiungete le punte che avevate messo da parte. Fatte bollire il tutto per altri 10 minuti. Quando sono abbastanza teneri, li scolate. Fate soffriggere nell’olio la cipolla tagliata finemente, aggiungete gli asparagi tagliati a pezzetti,  sfumate con il vino bianco, proseguite la cottura aggiungendo di tanto in tanto del brodo.

Quando il composto risulterà morbido passatelo al mixer formando una crema, salate e pepate a vostro piacimento. Nel frattempo mettete a bollire la pasta in abbondante acqua salata, quando è al dente, la scolate e la condite con la crema di asparagi, se necessario usate un po’ di acqua di cottura per amalgamare meglio  la crema. Una spruzzata di formaggio, pecorino o parmigiano secondo cosa preferite e servite a tavola. Buon appetito.